Nella prima parte di questo articolo (Novembre-Dicembre 2024) ho riportato due recenti episodi di naufragi, con abbandono della barca da parte dell’equipaggio. Gli aggiornamenti confermano l’arrivo del catamarano Karoline a Capo Verde, mentre il Pogo 50, abbandonato al largo di Arbatax, è “felicemente” spiaggiato a Cefalù (vedi foto).

L’armatore è stato avvertito ed è riuscito a recuperare la barca. Sembra che nel bel mezzo di una tempesta vi siamo stati dei problemi alla randa; di qui la decisione di proseguire a motore verso le coste della Sardegna sud-orientale, ma la mancanza di un’adeguata scorta di gasolio a bordo (!) ne ha causato lo spegnimento: lo skipper ha lanciato il may-day via radio ed è stato prontamente tratto in salvo dalla Guardia Costiera, con conseguente abbandono della barca, la quale, sospinta dal Maestrale, ha proseguito in direzione sud-est approdando in Sicilia dopo circa 200 miglia di navigazione senza equipaggio!

Proprio in questi giorni è stata individuata in Atlantico la barca da regata Acrobatica, abbandonata dal navigatore oceanico italiano Alberto Riva lo scorso Luglio a causa di una grave avaria.

Per concludere questa rapida carrellata, ricordo le cronache di un episodio di circa dieci anni fa: una coppia di velisti statunitensi partì dalle coste della Florida per andare a “svernare” nella vicina Cuba. Furono colti ad un ciclone tropicale particolarmente violento e, a dire il vero, ampiamente preannunciato dalle previsioni meteo. La barca subì danni piuttosto gravi ed i due decisero di abbandonarla trasferendosi, nel bel mezzo della tempesta, sull’autogonfiabile di bordo, non prima di aver lanciato un ultimo, drammatico may-day.

Appena le condizioni  lo permisero, i mezzi di soccorso statunitensi e cubani si portarono in zona, con l’assistenza aerea di due elicotteri. Dopo alcuni giorni le ricerche furono sospese e dei due velisti non si è più saputo nulla, come fossero stati inghiottiti dalle acque. In compenso, dopo circa quattro mesi, la loro barca arrivò sulle coste occidentali dell’Irlanda: aveva attraversato tutto l’Atlantico sospinta dalla Corrente del Golfo che, come è noto, parte proprio dalla zona del Caraibi per andare a lambire, con le sue acque temperate, le coste dell’Irlanda, della Gran Bretagna e della penisola scandinava.

Non a caso il porto norvegese di Bergen le cui acque, proprio grazie alla Corrente del Golfo, non ghiacciano mai, fu scelto nel 1600 dalla Lega Anseatica come “base navale” per le navigazioni a ridosso ed oltre il Circolo Polare Artico.

Tornando al tema da cui questo articolo ha preso le mosse, è lecito interrogarsi su un punto che provo a sintetizzare in una domanda: qual è il luogo più sicuro dove rifugiarsi quando siamo in mezzo al mare, per resistere in  condizioni estremamente impegnative?

A giudicare dagli episodi che ho citato (e da altri sui quali non mi soffermo per brevità) sembra proprio che la barca a vela abbia sorprendenti capacità di resistenza e che affondi soltanto a causa di importanti vie d’acqua aperte nell’opera viva, dovute ad urti con oggetti o corpi semisommersi (scogli, container, elettrodomestici, cetacei etc.). Si tratta, in ogni caso, di eventi occasionali.

Di norma le barche, anche se danneggiate e ferite, galleggiano e resistono stoicamente alla furia degli elementi per poi approdare da qualche parte , solitarie, abbandonate a sè stesse ed in balia delle correnti. La loro Odissea suona come  un monito per tutti noi: “Caro marinaio, non abbandonarmi, abbi fiducia in me, sono la tua migliore chances di sopravvivenza: insieme ce la possiamo fare!”

Buon Vento!

Mirco Mascotto